Competenze,  Filosofia

Competenze in tempo di crisi: ricominciare a cominciare

Quali competenze puoi mettere in atto in tempo di crisi? Oggi ho voglia di parlare con te di “ricominciare a cominciare“. Voglio farlo raccontandoti di Laura, mia ospite in una delle prossime puntate del mio podcast. Laura ha discusso la sua tesi di laurea magistrale quasi vent’anni dopo aver sostenuto l’ultimo esame universitario.

Compiti e automatismi

Fin da quando siamo piccolissimi la nostra quotidianità è fatta di progetti a breve, medio e lungo termine: “tappe” che da una parte sono legate a uno “sviluppo fisiologico” (imparare a camminare, imparare a parlare e così via) e dall’altra sono quelle determinate dal nucleo familiare e dalla società in cui viviamo.

Se ci pensi è come se la nostra vita, fin da quando nasciamo, fosse costellata di compiti da assolvere che corrispondono a momenti prestabiliti prima e indipendentemente dalla nostra volontà, normalmente associabili a un determinato grado di sviluppo – fisico e cognitivo – e a una determinata età.

È come se crescendo questi “compiti” si moltiplicassero e venissero percepiti come realizzabili in automatico semplicemente perché abbiamo una certa età, frequentiamo una certa scuola, facciamo un certo lavoro.

Come se la vita che viviamo, insomma, fosse indipendente da noi.

Come se tutto fosse già scritto, fissato in base a poche, pochissime scelte, fino a quando non diventiamo “adulti”; scelte effettuate dagli adulti di riferimento (come i nostri genitori, ad esempio).

Questo vivere in una specie di eterno flusso di decisioni prese dagli altri alimenta in noi degli automatismi che possono portarci, a un dato momento, a non riconoscerci più in chi siamo e in cosa stiamo facendo.

Un momento di crisi

Se abbiamo passato anni ad assolvere compiti per responsabilità verso gli altri e non verso noi stessi, a prendere delle decisioni che non ci appartengono ma che sono legate esclusivamente a non deludere gli altri, a compiacerli, è molto possibile che a un certo punto potremmo ritrovarci di fronte a una crisi.

Quando penso al come si manifesta un momento di crisi lo associo all’immagine di un meccanismo che comincia a perdere i pezzi: salta una vite, salta un bullone, il meccanismo comincia a rallentare fino a fermarsi.

Nel frattempo è come se ci si ostinasse a raccoglierli, quei pezzi, mentre si è ancora in corsa, e a riaggiustarli un po’ alla bell’e meglio, senza neppure capire più il loro posto né le ragioni del loro funzionamento – sempre che uno si sia mai reso conto di averli, quei pezzi… Ma non vorrei che continuare a parlare di quest’immagine ci portasse troppo lontano.

Come ti stavo dicendo prima, il meccanismo comincia a rallentare, rallentare inesorabilmente, fino a fermarsi.

E, come sai, chi si ferma è perduto. O forse no.

Osservarsi

Questo fermarci, questo non poter più reggere il peso del nostro “funzionamento automatico”, ci mette in crisi perché ci costringe a osservare il fatto che si è rotto quel tacito patto fra noi e i nostri automatismi.

Di fronte a quel fermarsi proviamo paura, dolore, angoscia, rabbia. Proviamo probabilmente tutte quelle emozioni che non ci siamo permessi di ascoltare mentre eravamo in corsa.

Abbiamo sempre pensato che il nostro percorso andasse da A a Z, attraverso tappe intermedie, che una volta cominciato, il processo fosse inarrestabile.

La crisi invece ci dice che noi tante tappe le abbiamo date per scontate, non le abbiamo viste, non le abbiamo fatte nostre.

La crisi ci permette di renderci conto dei nostri perché e delle nostre mancanze.

Crisi è un termine che viene dal greco, e significa “scelta, decisione”. Anche questa volta l’etimologia risulta, preziosa, vero?

Se ci pensi, le decisioni vere, quelle che ci appartengono, le prendiamo quando ci fermiamo ad osservare. Quando un evento esterno – un incidente, una malattia, la fine di un rapporto, la fine di un percorso di studi – ci pone di fronte un ostacolo che ci impone di fermarci ad osservare.

Ma osservare cosa? Sappiamo bene, io e te, che se ci limitiamo a osservare l’ostacolo, l’accidente esterno, quello che ci è accaduto, non andiamo molto lontano.

Le decisioni vere, quelle che ci appartengono, le prendiamo quando osserviamo noi stessi, in un movimento che dall’evento esterno procede verso l’interno per analizzare, direbbe Kant, le nostre “condizioni di possibilità”.

Ricominciare a cominciare

Kant infatti sapeva bene che conoscere i nostri limiti, le nostre mancanze, non ci rende più deboli ma più forti. Solo conoscendo i nostri limiti, quelli che sono stati fino a quel momento i nostri “confini di azione”, possiamo incontrare anche le nostre potenzialità e cominciare a sviluppare e a esercitare il nostro “senso del potenziale”, abbandonando tutto ciò che fino a quel momento abbiamo dato per scontato, tutti i nostri automatismi.

“Ricominciare a cominciare” non vuol dire cancellare quello che siamo stati e quello che abbiamo fatto fino a quel momento: vuol dire ricominciare a muoversi con calma, facendo più attenzione al come, al percorso, al processo, che all’obiettivo, alla destinazione. Selezionando i “pezzi” che abbiamo deciso che possono funzionare ancora ma disponendoli in maniera nuova, diversa e acquisendo nuovi “pezzi”.

Scegliere per scegliersi

Cos’è successo a Laura che l’ha portata a concludere un percorso cominciato tanti anni fa? Cosa l’ha portata a ricominciare a cominciare? Come ti dicevo lo scopriremo prossimamente, ma come già avrai capito quello che sicuramente è successo è che Laura si sia fermata mentre era in corsa, che a un certo punto della sua vita abbia incontrato un momento di crisi, un momento che l’ha messa di fronte ai suoi limiti, alle sue paure, ai suoi dubbi ma che le ha anche dato la possibilità di scegliersi e scegliere diversamente, di “selezionare i pezzi” e di ricomporli all’interno di un orizzonte di senso più funzionale e personale.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *